Dopo La manomissione delle parole (Rizzoli, Milano: 2010) e ricollegandosi idealmente all’analisi severa e attenta dei “luoghi comuni” di Gustavo Zagrebelsky (Sulla lingua del tempo presente. Einaudi, Torino: 2010), Gianrico Carofiglio ritorna alla chiarezza del parlare e dello scrivere. Attenti alle coincidenze perché sono molto importanti: i due libri precedenti che ho citato sono stati pubblicati entrambi nel 2010. Esprimono dunque il disagio di due scrittori verso le difficoltà in cui versa l’uso della lingua; Zagrebelsky, senza esitazione, scrive di una lingua che ci sovrasta, il che “in una certa misura non può che essere così" (p. 4). La lingua ha una forza plasmatrice e lo sanno bene le dittature che tramite la lingua coltivano e manipolano le coscienze per i loro scopi. I luoghi comuni accettati acriticamente, anche (direi soprattutto) nelle democrazie esercitano la loro forza condizionante, sebbene non vi sia necessariamente alcun progetto e alcun complotto. Ma se il linguaggio si involgarisce la vita pubblica degenera, e questo ci deve allarmare.
Due scrittori, Carofiglio e Zagrebelsky, due persone che fanno il mestiere di scrivere e svolgono il loro mestiere scrivendo. Se il 2010 rappresenta dunque la coincidenza della pubblicazione di due libri che trattano lo stesso argomento, i due scrittori sono due giuristi: giudice della Corte costituzionale, Zagrebelsky, e magistrato prestato prima alla politica e poi alla letteratura, Carofiglio. Seconda coincidenza.
L’ex magistrato Con parole precise ci spiega quanto sia importante che si abbia cura della lingua, che la si studi, e non solo nelle aule scolastiche. Dalla qualità del linguaggio dipende la qualità delle nostre istituzioni democratiche. Non è un bello spettacolo sentir parlare alcuni nostri politici, non solo per quello che dicono ma per il modo in cui lo dicono.
Vi sto invitando a leggere con urgenza questo libro bellissimo e scritto con un’attenzione che non è di casa nemmeno presso altri professionisti della lingua, come dovrebbero essere i giornalisti. Pertanto non voglio scendere nei dettagli. Carofiglio, in particolare, esamina il linguaggio pubblico e civile per eccellenza: il linguaggio del diritto e della politica che deve essere il linguaggio della trasparenza e della verità. Perché su quel linguaggio e su quelle premesse è fondato il patto che tutti ci lega nella convivenza sociale.
Non si può pensare con chiarezza se non si è capaci di scrivere e parlare con chiarezza, esordisce nel prologo Carofiglio citando il filosofo americano John Searle. Questo è un dettaglio che sfugge a quel fine pensatore e statista che è Roberto Calderoli che ha pensato di affidare a una macchina la generazione di 72 milioni di emendamenti. Fortunatamente il presidente del Senato, Pietro Grasso, li ha trasformati in un colpo solo in quello che sono: parole inutili.