giovedì 5 dicembre 2019

rpg story 51: Stormbringer

La notizia è questa: Deadline il 19 novembre ha annunciato in esclusiva che Brian Oliver, fondatore della New Republic Pictures, e Bradley J. Fischer, produttore della Phoenix Pictures, hanno acquisito i diritti della saga fantasy di Elric di Melniboné di Michael Moorcock. Gli sceneggiatori Glen Mazzarra (The Walking Dead) e Vaun Wilmott (Star Trek: Discovery) sarebbero già al lavoro per l'adattamento televisivo di una serie che potrebbe superare la fama del Trono di Spade. Michael Moorcock è uno dai più grandi e dei più amati scrittori di fantasy e fantascienza; la sua fama è indiscussa e - diversamente da altri che ben conosciamo - non ha mai lasciato le sue storie incompiute.

Cover 1st ed. 
Questa è la premessa, rispettosa anche della cronaca, che introduce la scheda di Stormbringer, il gioco di ruolo che Ken St Andre e Steve Perrin crearono nel 1981 per la Chaosium, utilizzando lo sperimentato sistema di simulazione a percentuale che lo stesso Perrin aveva inventato per RuneQuest (1978). Ken St Andre era già famoso all'epoca per il successo conseguito da Tunnels & Trolls (1975). L'edizione più nota è la 4a (1990), alla quale ha collaborato anche John B. Morrow, pubblicata anche in italiano dalla Stratelibri nel 1993.

Nel 2001, in un momento di crisi profonda del gioco di ruolo, la Chaosium pubblicò Dragons Lords of Meliniboné, una versione diversa per il d20 System a cura di Charlie Krank, Lynn Willis e Richard Watts, cercando di sfruttare la fama del sistema universale diffuso dalla Wizard of the Coast (per chi non lo sapesse è la casa editrice cresciuta intorno a Magic, l'Adunanza, il gioco di carte collezionabile, ora divisione interna della Hasbro). Anche questa edizione è stata pubblicata in contemporanea in italiano in una elegante edizione cartonata della B.B. Publishing.

Cover 4^ ed.

STORMBRINGER

Autore: Ken St Andre e Steve Perrin
Editore: Chaosium (USA)
Anno di edizione: 1981
Genere: heroic fantasy

Elric di Melniboné, il principe albino malinconico e infe­lice creato da Michael Moorcock, meritava un GdR all'altezza della sua fama e della sua singolare grandezza. Gli autori hanno fatto un ottimo lavoro di documentazione cercando di riprodurre soprattutto le atmosfere di un mondo decadente dilaniato dalle forze universali della Legge e del Caos.

Il sistema di simulazione adottato è quello classico della Chaosium tratto da RuneQuest con alcune semplificazioni in particolare nel combattimento. Durante la creazione del PG una serie sfortunata di lanci dei dadi può dar vita ad un sordido mendicante, la cui interpretazione non è proprio alla portata di tutti i giocatori. La magia di Stormbringer è assoggettata a rituali, formule ed evocazioni di entità diaboliche o divine che devono poi essere controllate e piegate alla volontà dell'evocatore. I lettori e i fans di Moorcock ritroveranno tutta la mitologia e il fascino di un mondo fantasy coerente ed originale. Gli altri incontreranno qualche difficoltà, superabili da giocatori esperti.

[L. Giuliano, In principio era il drago, Proxima: Roma, 1991, pag. 143]

sabato 30 novembre 2019

rpg story 50: Aftermath!

Il sottotitolo è molto esplicativo: A Role Playing Game set in a Post-Holocaust world. Bob Charette e Paul Hume, già autori dell'ottimo Bushido (1979), confermano la loro abilità nella ideazione di modelli di simulazione del combattimento con un regolamento dettagliato che prevede una simulazione su scala strategica, per azioni sulle lunghe distanze e in un arco temporale scandito dal giorno e dalla notte, combinata con una scala tattica per le azioni da 10 minuti a un'ora.

Il secondo volume è dedicato alle tecniche di sopravvivenza in un ambiente ostile dopo il crollo della società organizzata. Tra addestramento, equipaggiamento ed elencazione dei veicoli utilizzabili, lo spazio maggiore è dedicato alle armi di ogni genere e agli esplosivi.

Nel terzo volume viene suggerita una ambientazione di base per l'olocausto mondiale: alla fine del XX secolo le nazioni di tutto il mondo si sono accordate sul controllo della proliferazione delle armi nucleari ma non hanno preso le dovute precauzioni contro gli esperimenti biochimici e le mutazioni genetiche indotte dagli studi sulla ricombinazione del DNA. La diffusione di una variante particolarmente virulenta della peste bubbonica a New York ha ucciso due terzi della popolazione. Duecento anni dopo il mondo è nel caos: decadimento tecnologico, scarsità di medicine, carestia, guerra di tutti contro tutti. Il Master ha a disposizione un ventaglio di possibilità infinito e ampiamente documentato nella letteratura fantascientifica e nel cinema.

L'edizione è in puro stile FGU (Fantasy Games Unilimited): una stampa austera con poca grafica in b&n utile solo per illustrare i dettagli del regolamento.

Cover orig. 1981 (LG)

AFTERMATH!

Autori: Bob Charette e Paul Hume
Editore: Fantasy Games Unlimited (USA)
Anno di edizione: 1981
Genere: fantastoria, science fantasy


Uno dei primi GdR ambientati sulla Terra del post-cataclisma. Di quale cataclisma si tratti è lasciato alla decisione del Master. In ogni caso le avventure si svolgono in un mondo in rovina, tra mutanti e aggressioni di extra-terrestri. Le regole sono molto complesse, avendo l'ambizione di ricoprire tutte le situazioni possibili, in ogni dettaglio.

[L. Giuliano, In principio era il drago, Proxima: Roma, 1991, pag. 47]


venerdì 18 ottobre 2019

rpg story 49: Champions. The SuperHero Role Playing Game

Cover 1a edizione
Con la pubblicazione di Champions nel 1981 George MacDonald e Steve Peterson riuscirono a fondare una nuova casa editrice che avrà poi negli anni a venire un ruolo di rilievo nel mondo dei giochi di ruolo. Champions riprende il tema dei superpoteri già affrontato da Superhero: 2044 (Gamescience, 1977) e Villains & Vigilantes (FGU, 1979) con importanti miglioramenti nel regolamento introducendo il modello di creazione del personaggio con sistema a punti che poi diventerà l'Hero System, uno dei regolamenti universali più apprezzati dai giocatori.
La quarta edizione del 1989 fu pubblicata dalla Iron Crown in seguito alla acquisizione concordata della società avvenuta nel 1986 sotto la direzione di Rob Bell.

George MacDonald è noto anche come pioniere dei videogiochi. Infatti nel 1988 è il designer del primo videogioco ispirato ad Advanced Dungeons & Dragons: Pool of Radiance, pubblicato dalla SSI per diverse piattaforme, tra le quali Amiga e il Commodore 64.

Cover 4a edizione
CHAMPIONS
The Super Role-Playing Game

Autori: GeorgeMacDonald e Steve Peterson (Rob Bell,4^ ed.)
Editore: Hero Games/Iron Crown Enterprises (USA)
Anno di edizione: 1981 (4^ ed. 1989)
Genere: super-eroi

La creatività e la fantasia del giocatore di GdR ha modo di esprimersi al meglio con i personaggi dell'Hero System. Champions è stato, nel 1981, la prima pietra di quello che è ormai un classico tra i più apprezzati. Il sistema di attribuzione dei punteggi con compensazione degli svantaggi ha fatto scuola. Soprattutto è molto apprezzata la flessibi­lità del sistema che consente di combinare i super-poteri in modo originale e personalizzato, secondo i gusti del gioca­tore. Si possono ricreare i super-eroi classici dei comics, ma se ne possono anche inventare di nuovi. Tutti gli elemen­ti sono presenti e giocabili: linguaggio, humor, motivazio­ni.

Il sistema di combattimento è semplice, come principi di base, ma diventa molto complesso quando viene ad incrociarsi con i super-poteri, con il dettaglio delle manovre consen­tite e con la ricchezza delle scelte tattiche possibili. La giocabilità non è compromessa ma ne risulta una certa len­tezza nella risoluzione dei combattimenti, che svolgono una parte essenziale nel gioco. Il volume comprende anche le regole di base Hero System e permette quindi giocare anche con personaggi semplicente "eroici": storie di spionaggio, avventura pulp e fantasy.

Per i fans dei super-eroi è quanto di meglio ci sia attualmente in commercio, è consigliabile tuttavia solo a coloro che hanno già sperimentato altri GdR.

[L. Giuliano, In principio era il drago, Proxima: Roma, 1991, pag. 61]

martedì 10 settembre 2019

Storie di giocattoli

Nel 1996 fummo tutti colpiti e contagiati da Toy Story (1995), il film in computer grafica di John Lasseter portò la Pixar a vincere l'Oscar e cambiò per sempre il cinema di animazione. Woody lo sceriffo, Mr. Potato, i soldatini di plastica e tutti gli altri giocattoli della cameretta del piccolo Andy prendevano vita in sua assenza e si organizzavano per fronteggiare la minaccia rappresentata dell'ultimo arrivato: Buzz Lightyear, l'invadente eroe spaziale con il braccio laser. Toy Story creava la magia di un mondo alternativo in cui i giocattoli erano dotati di vita propria proprio come ciascuno di noi, quando eravamo bambini, avevamo sempre immaginato.

Andrea Angiolino, infaticabile cacciatore di storie, dopo i giochi "dal nascondino al sudoku" (Gallucci editore, 2017) mette sotto osservazione i giocattoli "dall'aquilone al tamagotchi". In 90 voci ci sono tutti gli oggetti che hanno ancora oggi nutrono i ricordi della nostra infanzia. Il mio preferito era un orsacchiotto marrone scuro, con gli occhi neri, che è stato maltrattato fino alla completa distruzione. E poi, un po' più avanti negli anni, il burattino di Pinocchio che mio padre aveva costruito per me in vero legno di pino.
Di ogni giocattolo Andrea Angiolino racconta le origini, spesso contrastate, avventurose, occasionali, frutto del pensiero divergente, dell'incrocio fortunato di una opportunità trascurata da qualcuno e raccolta da un altro fino a portarla a un successo clamoroso, come nel caso della Lego.

Lo sguardo d'insieme su queste storie getta una luce nuova sui giocattoli, non solo per il loro legame con le scelte di vita professionale che molti di loro hanno fatto forse influenzati da uno di questi oggetti che si è fissato nel loro immaginario plasmandone la creatività, ma per le forti connessioni che  i giocattoli hanno con il mondo della produzione industriale, con la fisica dei materiali, con la progettazione e la modellistica.
I giocattoli esistono da sempre. Ogni oggetto, anche il più insignificante, dalla mollica di pane al sassolino raccolto sulla spiaggia, nelle mani di un bambino diventa un giocattolo. Tuttavia i giocattoli inventati e costruiti come strumenti di gioco sono molto più recenti. Entrano a pieno titolo nella vita delle famiglie solo con la costruzione della camera dei bambini e quindi con la borghesia del XIX secolo. Non possiamo immaginare il mondo dei giocattoli senza la cameretta che li contiene. Non c'è Toy Story senza il piccolo Andy. Lascio a voi trarre le conseguenze di questa semplice osservazione.

Storie di giocattoli, di Andrea Angiolino (con disegni di Alessandro Sanna, Gallucci editore, euro 14,90).

martedì 3 settembre 2019

rpg story 48: Universe - The Role-Playing Game of the Future

All’inizio degli anni '80 tutti i produttori americani di boardgame avevano capito ormai che il gioco di ruolo si era fatto strada e aveva fatto presa anche sui vecchi giocatori abituati ai regolamenti complessi. La SPI (Simulation Publications, Inc.), la "storica" casa di produzione di wargame fondata da Jim Dunnigam nel 1969, nel suo disperato tentativo di mantenersi a galla aveva già provato a entrare in questo mondo con Dallas e, poco dopo, con Dragonquest. Sia il primo che il secondo titolo, per quanto di buona fattura, non furono sufficienti a fermare la catastrofe e la successiva acquisizione, nel 1983, da parte della TSR, editrice di Dungeons & Dragons.

Universe - 1981
Universe seguì lo stesso destino: le produzioni di role playing erano già ampiamente coperte da titoli creati in proprio dalla TSR e pertanto le pubblicazioni cessarono immediatamente. D'altra parte Universe, da alcuni ritenuto anche migliore di Traveller, era più vicino alla sensibilità dei giocatori di wargame appassionati di modelli di simulazione che ai giocatori di ruolo veri e propri.

La prima impressione, aprendo la scatola del gioco, era di trovarsi di fronte a un classico boardgame: regolamento con paragrafi in rigorosa gerarchia di numerazione, sistema di combattimento tattico tra astronavi, griglia esagonale, counters colorati. Insomma, il classico fan della SPI si poteva sentire a casa propria, ma un giocatore che aveva iniziato con D&D o con Runequest provava un certo senso di disagio. La plancia di gioco e la mappa di esplorazione dei principali sistemi stellari con la tabella di calcolo delle distanze potevano mettere in difficoltà anche il più accanito nerd della Stanford University.

Eppure gli elementi fondanti del role playing fantascientifico c'erano tutti: la creazione del personaggio dalla nascita in poi, con un sistema di generazione ad allocazione di punteggi e acquisizione di skills, ambiti professionali ben delineati, poteri psionici, un'ambientazione intesa a valorizzare l'esplorazione scientifica e le relazioni interstellari. Purtroppo la complessità sistemica finiva per prendere il sopravvento. Oggi, io stesso, mi sento più indulgente verso questi modelli di simulazione sofisticati e ammirevoli nella eleganza della architettura complessiva. Ma in quegli anni il gioco di ruolo andava già in un'altra direzione e la mia scheda di allora è una testimonianza della benevola superficialità con la quale molti di noi guardavano a questi prodotti.

Universe - cover orig. 1981[LG]

UNIVERSE
The Role-Playing Game of the Future

Autore: John H. Butterfiled
Editore: Simulations Publications, Inc. (USA)
Anno di edizione: 1981
Genere: science fiction

Un GdR di esplorazione interstellare molto orientato al wargame e al combattimento tra astronavi. Una chicca per collezionisti e giocatori esperti.

[L. Giuliano, In principio era il drago, Proxima: Roma, 1991, pag. 155]




domenica 21 aprile 2019

Labirinti

Teseo, dopo aver sconfitto il Minotauro, celebrò la vittoria con una danza insieme ai giovani scampati con lui al sacrificio [Iliade, XVIII, 590-606]. La danza, che lo stesso Dedalo aveva composto, si svolgeva in due fasi: nella prima i danzatori imitavano i meandri intricati del labirinto, trascinati all’interno da un capo che impugnava una corda (il filo di Arianna), nella seconda lo stesso capo li tirava fuori dai rigiri ritrovando l’ordine perduto. La danza era dunque la rappresentazione di un enigma e della sua soluzione.

La leggenda del labirinto è uno dei miti fondativi più intensi della nostra civiltà. La sua immagine e la sua narrazione evocano temi di portata universale. Tra le molte interpretazioni che sono state suggerite – tutte comunque avvolte nel mistero – vogliamo ricordare quella originalissima di Paolo Santarcangeli che si richiama al suffisso –inda, usato nella lingua greca esclusivamente per i giochi dei bambini e nel quale lo stesso Huizinga vedeva l’irriducibilità del concetto di gioco: sfairinda (gioco della palla); streptinda (gioco del lancio); basilinda (gioco del re); helkustinda (tiro alla fune). Secondo Santarcangeli la vecchia etimologia che faceva discendere il nome dalla scure sacrificale labrys è oggi vacillante, e avanza invece l’ipotesi di una derivazione da labra, caverna, miniera con cunicoli e corridoi. Labrinda, e quindi laby-rinthos, starebbe quindi per “gioco della caverna” [P. Santarcangeli, Il libro dei labirinti. Storia di un mito e di un simbolo. Frassinelli, Milano, 1984, p. 40].

L’etimologia restituisce il labirinto all’enigma della narrazione, alla creazione di un mondo artificiale che si sostituisce (o si affianca) al mondo naturale. Il labirinto è prima di tutto luogo di ostacoli e di possibili smarrimenti; è un simulacro che crea una rete di inganni e di illusioni. Il labirinto appartiene all’ordine dei mondi possibili che sono creazioni dell’intelletto umano. Il labirinto può avere forma ed essere fatto di muri, corridoi, scale, porte e stanze, oppure può non avere forma alcuna ed essere fatto di dubbi, indecisioni, scelte alternative, miraggi. Come ricorda Jorge Luis Borges nel suo I due re e i due labirinti, c’è il labirinto concreto ma “debole” del re di Babilonia che per burla lascia l’ospite, re di Arabia, vagare al suo interno in preda alla confusione fino a quando stremato si decide ad implorare aiuto. E poi c’è il labirinto immateriale ma “forte” del re d’Arabia che, per vendetta, devasta il regno di Babilonia, fa prigioniero lo stesso re e lo abbandona a morire di fame e di sete nel deserto, un labirinto “dove non ci sono scale da salire, né porte da forzare, né faticosi corridoi da percorrere, né muri che ti vietano il passo” [J.L. Borges, L'Aleph. Feltrinelli, Milano, 1961, p. 135].